Sei qui: HomeIL FATTORE MENTALE

La visualizzazione creativa

IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS

– Pensa positivo: la Visualizzazione Creativa.


La visualizzazione creativa è una tecnica che consiste nell'immaginare (visualizzare) delle situazioni nella propria mente per provocarne la materializzazione e l'accadimento nella realtà.

 La visualizzazione creativa è una tecnica spirituale di importanza fondamentale nel sistema di insegnamenti e pratiche del New Thought e del pensiero positivo e accompagna la pratica delle affermazioni positive.

La differenza tra la visualizzazione creativa e il sogno ad occhi aperti consiste nel fatto che laddove nell'atto di fantasticare la persona crea un'immagine o una scena mentale di cui è spettatore dall'esterno, nell'atto della visualizzazione creativa colui che visualizza è al centro stesso della propria visualizzazione, la sperimenta in prima persona, sforzandosi di percepirla come il più reale possibile attraverso tutti i sensi.

Questa tecnica viene utilizzata nel tennis soprattutto prima di effettuare il servizio. A tal fine, spesso l’atleta lascia volontariamente passare molti secondi tra primo e secondo servizio.

Personalmente, preparo i miei allievi nell’utilizzo di tale tecnica chiedendo loro in un primo momento di rivedere mentalmente il loro campione preferito mentre effettua il servizio, poi chiedo loro di visualizzare l’immagine di sé stessi che eseguono allo stesso modo il servizio; poi provano ad eseguirlo secondo l’immagine.

Anche per questo motivo, è un grosso errore servire velocemente la seconda palla di servizio: non vi è nessuna possibilità di Reset e non ci si predispone alla visualizzazione creativa!

 


Il Training Autogeno - generalità

IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS

- Il Training Autogeno - Generalità

Quante volte ci è capitato di "perdere le staffe?"

E perché, in questi casi ci sentiamo dire: "Respira e conta fino a dieci"!

In tali condizioni, i nostro stato emozionale (Arausal) è così alto (tendente all'isterismo), da farci diminuire o addirittura perdere la nostra capacità cognitiva-comportamentale. In tali casi (oltre che nel tennis), ci può venire utile conoscere le cd. tecniche di rilassamento.

Può sembrare banale, ma vedremo perché respirare profondamente e contare fino a dieci, costituiscono una arcana e banale forma di training autogeno!

Cos'é?

Il training autogeno è una tecnica di rilassamento psicofisiologico, usata in ambito clinico nel controllo dello stress, nella gestione delle emozioni e nelle patologie con base psicosomatica. Viene utilizzata anche in altri ambiti quali lo sport e in tutte quelle situazioni che richiedono il raggiungimento di un alto livello di concentrazione, al fine di ottenere una prestazione psicofisica ottimale.
Il Training Autogeno venne sviluppato negli anni trenta da Johannes Heinrich Schultz, psichiatra tedesco. I suoi studi avevano come precedenti quelli sull'ipnosi, in particolare di Oskar Vogt, del quale Schultz fu allievo.
Il Training Autogeno si differenzia, sostanzialmente dall’ipnosi, dove in quest’ultima è sempre necessaria la presenza del terapeuta. Nel campo sportivo, questa tecnica è di primaria importanza per la caratteristica di rendere gli i atleti indipendenti dall’allenatore, dopo un ciclo di sedute, per quanto attiene alla condizione mentale; caratteristica basilare per il tennis, considerato che durante le partite non è possibile (se non in alcuni casi particolari) l’intervento dell’allenatore.
Per dirla in breve, “migliora la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni”.

Come agisce:
è una tecnica di rilassamento basata sulla correlazione tra le emozioni e gli aspetti somatici dell'individuo. Ogni esperienza viene mediata, infatti, dal soma (dal greco somatos che significa "corpo") e si dice che viene quindi somatizzata.

Attraverso la tecnica del training autogeno si può accedere, usando una sorta di "corsia preferenziale", alla rimozione dell'esperienza che ha generato lo stato emotivo. Le emozioni, infatti, sono il risultato di un complesso insieme di modifiche che coinvolgono sistema nervoso periferico, sistema nervoso centrale e ormonale.

Oltre ad una predisposizione genetica, l'assetto, ovvero l'equilibrio tra aspetti prevalentemente somatici ed aspetti di natura principalmente cognitiva (risultanti dall'interazione con l'ambiente fisico e sociale) determina il tipo di risposta che ognuno avrà rispetto all'ambiente stesso con il quale si sta relazionando.
Indurre volontariamente, a livello corporeo, delle risposte tipiche degli stati di quiete di un soggetto ha, da una parte, riflessi sull'autopercezione della propria condizione emozionale e, dall'altra, produce una risposta somatica coerente con l'induzione stessa.


In pratica la modifica dell'assetto psicofisiologico del soggetto si inserisce in un processo che si auto determina (autogeno, appunto) partendo dal soma per arrivare alla psiche per tornare al soma e così via.
Il Training Autogeno, come dimostra la letteratura scientifica, non è una tecnica basata sulla suggestione (se non solo nelle fasi iniziali delle sedute). Le modifiche che si producono con un adeguato allenamento hanno carattere di stabilità e costanza nel tempo, fattori questi assenti sia nella suggestione in senso generale che nella ipnosi.
Il training autogeno, pertanto, effettua una stabile modifica a livello neurofisiologico che produce, a sua volta, una modifica nella risposta emozionale che un soggetto ha rispetto ad un evento di natura stressante.


Il termine training significa allenamento; infatti è solo allenandosi che si riesce ad ottenere una modifica reale e non immaginaria nel complesso assetto alla base della risposta emozionale.


La pratica del training autogeno ha quindi, per riassumere, tra le sue finalità, un maggior controllo dello stress e dell'ansia, una riduzione generale della tensione emotiva e il recupero delle energie, grazie a un ridimensionamento spontaneo delle emozioni negative.


Il training autogeno è utile, inoltre, nella cura di ansia, insonnia, emicrania, asma, ipertensione, attacchi di panico e in tutte quelle patologie dove l'aspetto psicosomatico sia rilevante.

Ha un ruolo positivo in particolare, per atleti e sportivi in genere, in quanto favorisce il recupero di energie, permettendo una migliore gestione delle proprie risorse.


Mi sembra il caso di evidenziare, in ultimo, che questa tecnica non è adatta a coloro che dovessero trovarsi in una condizione depressiva importante ed è fortemente controindicata in caso di disturbi psichici.

Per tornare alla battuta iniziale, "respirare profondamente e contare fino a dieci", può essere una banale forma di interruzione dalla situazione attuale di stress, tenendo occupato il cervello........ a contare!

Training Autogeno - gli esercizi

 IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS

- Il Training Autogeno - Esercizi


Prima di descrivere gli esercizi, è doveroso puntualizzare che svolgerli da autodidatti per quanto possibile è sconsigliato, costituendo il Training Autogeno un insieme di tecniche dirette alla modulazione psicofisiologica dei nostri processi neurovegetativi (pressione sanguigna, pulsazioni cardiache)

Iniziamo dicendo, innanzitutto, che gli esercizi si possono attuare in tre posizioni:

Posizione sdraiata         Posizione in poltrona             Posizione del Cocchiere                     

sdraiata;                       in poltrona;            del cocchiere.

 La posizione più utilizzata in ambito sportivo-tennistico è quella “del cocchiere”, così chiamata in quanto, seppur da seduti, è estremamente rilassante, tant’è che i cocchieri, nel fare i viaggi lunghi, spesso si addormentavano assumendo questa posizione.

Questa posizione, proprio per motivi logistici (presenza della sedia), permette di effettuare una particolare forma di Training autogeno abbreviata, durante le pause per i cambi di campo nelle partite di tennis.

E’ importante evidenziare che nel training autogeno allenato, ogni fenomeno corporeo non viene forzato, ma avviene spontaneamente da sé; la respirazione, per esempio, deve funzionare in maniera progressivamente più automatica e quindi meno controllata.

Gli esercizi vengono svolti per raggiungere due stati fondamentali: “la calma” e ”il controllo”.

Nella prima fase, con esercizi detti “basilari”, si tende a richiamare le più importanti funzioni vitali per una migliore ossigenazione del corpo e del cervello;

nella seconda fase, con esercizi detti “complementari”, si tenderà a controllare tali funzioni e ad utilizzare la forza della nostra mente per avere il totale e differenziato controllo dei muscoli periferici.

Gli esercizi basilari sono:

esercizio del respiro: (prepara il nostro corpo ad un maggior controllo, grazie al miglioramento di ossigenazione complessivo);

esercizio della pesantezza: (produce uno stato di rilassamento muscolare, ovvero di rilassamento dei muscoli striati e lisci);

esercizio del calore: (produce una vasodilatazione periferica con conseguente aumento del flusso sanguigno).

Gli esercizi complementari sono:

  • esercizio del cuore: (allevia i problemi circolatori in tutti i casi in cui ci sia un ridotto afflusso del sangue agli organi periferici; aiuta a riscaldare i muscoli ed aumentare lo stato di rilassamento prodotto dall’esercizio della pesantezza.
  • esercizio del pianista: (induce al controllo muscolare periferico aumentando l’afflusso del sangue alle estremità degli arti - mani- piedi).
  • esercizio dello scarico oculare: (Restituisce un maggior afflusso del sangue alla testa);
  • esercizio del plesso solare: (aiuta eventuali problemi digestivi ed accelera la digestione).;
  • esercizio della fronte fresca: (produce una vasocostrizione celebrale utile a ridurre mal di testa legati ad un sovraccarico fisico o mentale).

Questi esercizi vanno eseguiti per ordine, sotto la guida di psicologi, medici o tecnici specificamente formati (come tutti i tipi di procedure di rilassamento psicofisiologico).

Training Autogeno Meditativo

IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS

- Il Training Autogeno Meditativo


Il Training Autogeno meditativo e la dimensione spirituale. 

Per capire cos’è il Training Autogeno Meditativo, occorre considerare l'uomo anche dal punto di vista spirituale, come scrive Victor Frankl parlando di psicologia dell'altezza, per individuare le categorie di valori che risultano fondamentali per la ricerca e la realizzazione del senso della vita; prospettare la positività del dolore e della sofferenza ove vi sia un obbiettivo da raggiungere e la possibilità di poter prendere sempre un atteggiamento, anche nelle situazioni-limite. 
Oggi è riconosciuta, ogni giorno di più, l’importanza della sfera dell’esperienza “spirituale” che Abraham Maslow ha chiamato delle “esigenze superiori”. Queste vengono anche chiamate esperienze delle vette (peak experience) e protendono alla realizzazione delle potenzialità dell’io, trascendenza dell’io, sacralizzazione della vita di ogni giorno, unità, spirito e coscienza cosmica. L’emersione di queste naturali spinte, latenti in ogni uomo, aiutano a sviluppare un’altra logica e un’altra visione del mondo,  più significativa di quella attuale.

Quando il training autogeno viene utilizzato in senso meditativo, lo stato di contemplazione, del tutto passiva e distaccata dai vissuti corporei, è al massimo livello.

Di seguito darò esempi di alcuni esercizi del training autogeno “meditativo”.

L’esercizio del “Colore Personale” si rappresenta mentalmente con la formula: ”e ora agli occhi della mente appare un colore”. Ovviamente non ci si può aspettare che emerga subito il colore personale; in genere appaiono più colori, a volte mischiati ma alla fine un colore risulta dominante su tutti. La scoperta del colore personale è importante per stabilire la propria identità emozionale.

L’esercizio dei “Concetti Astratti”  si può svolgere dopo aver rappresentato il colore personale e poi “agli occhi della mente appare (ad esempio) la libertà”. E’ un esercizio in cui le emozioni legate alla dimensione esistenziale esplorata emergono potentemente. Come dice Schultz, la scoperta del proprio mondo interiore “non costituisce solo un arricchimento momentaneo, ma un’autentica svolta esistenziale” .

I concetti da approfondire vengono, di solito, concordati fra me ed i partecipanti. I più comuni sono: l’amore, l’amicizia, la giustizia, la sicurezza, la fiducia, la felicità, la gioia, la serenità

Nel training autogeno meditativo l’esplorazione dei concetti è praticamente infinita e l’esercizio dura in media circa 30 minuti.

Altro esercizio che viene comunemente definito “Dialogo con l’inconscio”; parla di “risposte dall’inconscio” e di “domande all’inconscio”, dando ad esse una forte connotazione esistenziale. Il primo dei due esercizi (sempre formulato dopo aver rappresentato il colore personale) risponde a domande inconsce riassuntive di una vasta gamma di bisogni, il secondo (sempre formulato dopo il colore personale) rende coscienti le domande e  lascia il soggetto “in attesa” di risposte.

Le domande hanno tutte valenze esistenziali o di obbiettivo nel caso tennistico. Una categoria di domande a valenza esistenziale possono riguardare ad esempio: “qual’è la mia via?”; “cos’è importante per me?”; “qual’è il mio rapporto con il tennis?” “ quanto sono disposto a sacrificarmi?”;”qual’è il senso dello sport?”; …

Il termine di ogni fase di Training Autogeno meditativo va sempre accompagnato da alcuni esercizi di risveglio muscolare e mentale e, anche questo, è sconsigliato in assenza di un professionista.

Il controllo muscolare - generalità

IL FATTORE MENTALE NEL TENNIS

- Il  Controllo muscolare - generalità



Una partita di tennis presuppone un dispendio di energie elevatissimo a causa dei continui spostamenti in campo e gesti rapidi. Nel tennis, le distanze da coprire per ogni colpo eseguito sono relativamente basse (max 6-8 mt.), ma il nostro fisico è impegnato a rimanere sempre in equilibrio, a spostarsi con estrema rapidità ed a eseguire gesti cd. "esplosivi". Ecco perché saper recuperare dopo un punto o al cambio campo diventa determinante per mantenere una elevata performance. Ancora più importante è cercare di ottimizzare i consumi energetici, semplicemente cercando di far lavorare solo i muscoli che effettivamente sono utili ai movimenti. Tutto ciò sembra scontato, ma in effetti non lo è. Anche nelle azioni di tutti i giorni, senza che ce ne accorgiamo, teniamo in tensione muscoli che potrebbero invece essere relativamente rilassati.

Un esempio che ci fa sorridere, per esempio, è quando svitiamo il tappo di un vasetto: oltre che utilizzare i muscoli interessati (dita, mani braccia), nella maggior parte dei casi, contraiamo i muscoli delle spalle e ancora di più quelli della mascella che..... non c'entrano proprio niente con ciò che stiamo facendo.

Gli esempi potrebbero essere infiniti, quindi proviamo ad immaginare, durante una partita di tennis, nella concitazione dei movimenti, quanti distretti muscolari inutili contraiamo. Tutto questo lavoro si traduce in uno spreco di energie. Ecco perché, avere un buon controllo e coordinazione dei nostri muscoli, ci permette di gestire meglio le nostre riserve energetiche.
Per spiegare cos'è il controllo muscolare, bisogna però introdurre concetti di base del funzionamento dei nostri muscoli.

I muscoli:

Il sistema nervoso centrale e il cervello controllano il movimento impostando la forza della contrazione muscolare. Questi muscoli provocano il movimento degli arti tirando le ossa attraverso la loro contrazione e il loro rilassamento.

I modi del controllo muscolare del movimento sono due: il tonico e il fasico.

Il controllo tonico si riferisce alla continua attivazione muscolare per stabilire le articolazioni, il controllo dell'impostazione, il mantenimento del tono muscolare (la c.d. postura).

Il controllo fasico si riferisce all'attivazione alternata muscolare di agonisti-antagonisti, con fasi di contrazione-rilassamento che conduce all'esecuzione di concreti movimenti volontari.

Per l'esecuzione del movimento volontario di un arto si richiede la presenza di due muscoli. Inizialmente si contrae l'antagonista il quale, tramite quella contrazione, pressa l'osso provocando cosi il movimento dell’arto verso una sola direzione; in continuazione si contrae l' antagonista il quale, tramite la contrazione tira l'osso, provocando il movimento del membro verso la direzione opposta e rallentando cosi il suo movimento. La velocità del movimento del membro viene determinata dal grado dell' attivazione combinata tra i due muscoli.

La coppia della forza che si crea intorno all'articolazione dipende da:

a) numero dei muscoli che si attivano intorno l' articolazione;
b) la posizione iniziale del membro;

c) la direzione del movimento;

d) l'ampiezza del movimento.

La funzione del meccanismo motorio diventa molto più complessa quando al movimento si coinvolgono più membra.

Secondo i dati sopraelencati le attività fisiche che migliorano il fisico si dividono in due categorie:

1. Parametri di salute e dello stato fisico, di capacità aerobica, flessibilità, resistenza e velocità.

2. Parametri prestazionali motori, quali il coordinamento, l'agilità, l'esplosività, il tempo di reazione e la potenza esplosiva.

Si comprende quindi che per le due diverse attività suddette, vengono impiegati due tipi di fibre muscolari:

Fibre rosse: dette a contrazione lenta, che contengono molta emoglobina (colore rosso) e mitocondri; hanno la caratteristica di immagazzinare molto ossigeno che liberano durante il corso della contrazione per produrre autonomamente molecole di ATP (la benzina dei muscoli); sono abbondanti negli atleti che praticano attività sportive di resistenza (maratona, ciclismo) che richiedono sforzi prolungati nel tempo e non molto intensi.

Fibre bianche: dette a contrazione rapida, che contengono meno emoglobina e mitocondri e quindi hanno minore capacità di immagazzinare ossigeno; queste fibre tendono ad accumulare acido lattico perché se sottoposte ad intenso lavoro prolungato (oltre 5-7 sec.) esaurito l’ossigeno proprio, per produrre ATP, utilizzano principalmente la glicosi anaerobica; sono maggiormente presenti negli atleti che svolgono attività sportive con sforzo intenso/esplosivo e breve (tennis).

Pagina 2 di 3